L'indicibile
Il più solido piacere di questa vita
è il piacere vano delle illusioni.
Giacomo Leopardi

Nel 1968 Jacques Derrida, nel suo saggio “la farmacia di Platone” rilevò che, all’interno dei dialoghi del filosofo greco, fosse assente il concetto di Pharmakos, il rituale di estromissione forzata di coloro che erano considerati responsabili delle sventure di una comunità. Nonostante la presenza di numerose parole simili, pharmakeia- pharmakon-pharmakeus, la parola che alludeva a quella forma di ostracismo violento non compare mai.
Cos’è l’indicibile? È tutto ciò che, seppure irreperibile, condiziona ciò che noi vediamo. È una serie di idee inespresse, valori e timori celati, che tuttavia danno forma e sostanza al visibile. È lo sfondo, non esplicitato, che è tuttavia necessario conoscere per avere chiarezza.
In ogni pratica meditativa si incontrano diverse indicibilità. La prima che si incontra è relativa alla paura dell’illusione. Ognuno di noi sa che, in fondo, sovrascrive ogni propria esperienza; la commenta e le dà giudizi di valore. Sappiamo che ogni giudizio, spesso compensante uno scarso o inefficace potere, dona colore specifico a ciò che viviamo.
E che, troppo spesso, allo svanire di un’illusione si accompagna una delusione.
Il termine illusione (come del resto delusione) deriva dal latino ludere, cioè giocare. Come se la mente continuamente giocasse ed, esagerando nella fantasia, creasse aspettative irreali. La meditazione ti fa scoprire le regole del gioco.
Roberto Sforza