La diatesi media
L’arte non riproduce ciò che è visibile,
ma rende visibile ciò che non sempre lo è
Paul Klee

Jacques Lacan, il famoso e acuto psicanalista e filosofo francese, raccontò che, mentre navigava su una barca alle coste della Bretagna, vide galleggiare una scatola di sardine; con sorpresa ebbe l’impressione di essere guardato da essa.
La sensazione di non essere solamente e puramente “soggetto” di quell’esperienza, gli servì poi per interessanti elaborazioni sull’estetica.
Tale evento inquietante lo convinse, insomma, che la partecipazione ad un’opera d’arte potesse essere più complessa e articolata.
Ogni esperienza comunemente si compone si due parti: un soggetto che incontra un oggetto (una persona o un evento).
Questo modo di vedere tuttavia è vero, se e solo se accettiamo che esistano due possibilità: essere attivi (se ci riferiamo al soggetto che sperimenta) o passivi (per l’oggetto sperimentato).
O si è soggetti o si è oggetti, in modo dualistico.
Il greco e il sanscrito, tuttavia, hanno delle coniugazioni verbali, mancanti nella nostra lingua, che presentano delle possibilità alternative rispetto alla scelta contrapposta tra attività e passività.
La soluzione si chiama Diatesi Media: è relativa a dei verbi che si trovano in forma passiva e contemporaneamente anche in forma attiva: insomma utilizzando quei verbi, la corrispettiva azione descritta è, allo stesso tempo, attiva e passiva.
I verbi suddetti sono chiamati Deponenti.
Qualche esempio?
Combattere, meditare, esortare, pentirsi, confidare, diffidare, gioire, credere, usare, temere, confessare, esperimentare, volere, lavorare, pattuire, arbitrare, credere…
In tutti questi casi l’azione coinvolge anche sempre sé stessi, come quando si fruisce di un’opera d’arte.
Roberto Sforza