La cornice e la contemplazione

“In prima nel dipingere la superficie faccio un quadrato grande, quanto mi piace d’anguli dritti: il quale mi serve per una finestra aperta, onde si possa vedere l’historia”: questo scriveva Leon Battista Alberti nel “De Pictura”.
Si racconta che Cartesio fosse poco prestante: amava starsene a letto, caldo e riposato.
Un giorno, fissando il soffitto, fu incuriosito da una mosca in volo e pensò che avrebbe potuto tracciarne la posizione (dinamicamente) se avesse avuto dei riferimenti: ideò così gli assi cartesiani, noti a tutti gli studenti.
Gli antichi romani, quando volevano vaticinare, osservavano il cielo e ne incorniciavano una porzione, in attesa del passaggio di uccelli, che avrebbero poi interpretato.
La cornice, che veniva chiamata “Templum”, era lo spazio attraverso il quale il volo diventava “Signum”, a cui far corrispondere dei significati sul futuro.
La contemplazione viene di solito considerata un’attività psichica di grande concentrazione e interesse verso ambiti spirituali.
Più modestamente, forse, è semplicemente osservare con grande attenzione attraverso una cornice. Una cornice ineliminabile e non va mai dimenticato che esista.
Poiché è da quel fondale che si staglia ciò che è in primo piano.
Contemplazione:
1. Atto del guardare con assorto e intenso interesse.
2. Profonda concentrazione della mente nella meditazione di cose divine o spirituali.
Roberto Sforza