Il coraggio
L’estetica è nell’uomo ciò per cui egli spontaneamente è quello che è;
l’etica è quello per cui l’uomo diventa quello che diventa.
Soren Kierkegaard

In una stanza c’è un quadro con un’orribile cornice argentata.
Il quadro raffigura un borgo medievale in un grigiore volgare, senza profondità, con dei fiori rinsecchiti in primo piano che impietosamente ornano una vetrata bluastra.
Eppure quel quadro si trova in una stanza piena di oggetti di grande valore: divani intoccabili, armadi del ’700, capitelli romani, tappeti di valore e lui, fermo, al centro di una parete bianca.
Il bambino entra socchiudendo leggermente la porta, si muove lentamente, perché ha paura di violare quella sacralità imposta dai genitori.
Lì nel mezzo, come su di un altare, sta quel quadro: l’opera d’arte della casa.
Il bambino, guardandolo, si domanda: “Ma è veramente bello?”
La mamma, il papà, la nonna dicono di sì.
Eppure il bambino pensa: “Ma è veramente bello?”
Un giorno, sul balcone, ebbe il coraggio di dire a sé stesso: “È veramente brutto”.
E provò un grande senso di colpa. Eppure ripeté: “È brutto”.
Quel giorno il bambino si trovò davanti a un bivio che fu determinante per gran parte della sua vita.
Incontriamo spesso dei bivi: ci impongono una scelta critica.
“Aut aut” scrisse Søren Kierkegaard scrisse riferendosi alla decisione di privilegiare tra vita etica o estetica.
Ma i bivi che incontriamo più frequentemente sono meno esistenziali e più pratici.
Cosa serve per posizionarsi?
Serve coraggio: serve la forza di lasciarsi guidare da una specifica sensazione.
Roberto Sforza