Il cane Lelapo e la volpe Teumessia

Il cane Lelapo e la volpe Teumessia

Cefalo, uomo di grande bellezza, si ritirò a Tebe dove Anfitrione, padre putativo di Eracle, gli chiese in prestito il cane Lelapo per cacciare la volpe Teumessia, che faceva stragi in Cadmea.

Lelapo era tanto veloce che per volere divino nessuna preda riusciva a sfuggirgli. Teumessia, invece, che per volere degli dei non sarebbe mai stata acciuffata, doveva essere placata ogni mese con il sacrificio di un bambino.

Si cominciò dunque a discutere nell’Olimpo come risolvere l’intricata e contraddittoria questione, finché Zeus, irritato, sistemò ogni cosa trasformando Lelapo e la volpe Teumessia in pietre.

Spesso i miti greci narrano dinamiche che appartengono all’essere umano.

E forse questa volta il racconto indica una tendenza della nostra mente: la ricerca infinita (la caccia del cane Lelapo) di significati (la volpe Teumessia) continuamente sfuggenti.

In Tessaglia non ne potevano più; il cane cacciava senza sosta la volpe che sfuggiva inafferrabile: e questo portava scompiglio, disordine e disagi ovunque. La soluzione divina, forse banale, fu la pietrificazione dei due animali.

L’unica soluzione possibile per l’essere umano sembrerebbe essere, insomma, quella di interrompere la ricerca, attribuendo in maniera definitiva un significato alle nostre conoscenze, esperienze o vissuti; mettendo fine insomma al cosiddetto “circolo ermeneutico”.

Le “definizioni” sono necessarie: chiariscono e direzionano. Oggi è meglio usare un’altra metafora meno drastica: quella del congelamento (anziché quella della pietrificazione). Perché da ogni de-congelamento si possa continuare, con spirito critico, a cercare nuovi significati.

La vita è, infatti, una continua e incessante riqualificazione.

Roberto Sforza