I giardini cinesi

I giardini cinesi

Le pratiche del Qigong spesso vengono esercitate all’aperto, all’interno di giardini o parchi piuttosto frequentati, al mattino presto e con una disposizione alla naturalezza e alla leggiadria dei gesti.

Il controllo sulle tecniche, all’inizio difficoltoso, viene abbandonato infatti progressivamente per una spontaneità gradevole e libera.

Ogni giardino cinese evoca continuamente l’azione libera e disinvolta che ogni praticante di Qigong dovrebbe avere: ma cos’è un giardino, e più specificatamente un giardino cinese?

A Suzhou, ridente cittadina cinese poco distante da Shangai, si possono trovare i migliori giardini del mondo: la città si trova nella regione del Jiangsu, tra il Fiume Azzurro (Chang Jiang), il terzo fiume al mondo per lunghezza, e il lago Tai Hu, sulle cui rive prospera la coltivazione dei gelsi per i bachi da seta.

A Suzhou si impara a comprendere e a vivere i giardini.

A parte la sensazione piacevole puramente estetica, relativa alla grande cura relativa all’insieme paesaggistico e al contempo dei dettagli raffinati, l’impatto con uno qualsiasi dei 40 giardini cinesi richiede l’adozione di uno sguardo maturo e qualificato.

Mentre l’architettura cinese è senza eccezioni rigorosamente geometrica, il giardino cinese è composto da forme libere ed organiche, ma fortemente caratterizzati da una particolarità.

Ogni angolo del giardino è infatti sistemato in modo da poter essere contemplato da diversissimi punti di vista, ed ognuno porta con sé un poco di tutti gli elementi del giardino; e alla fine ogni angolo sembra poter dire o ispirare qualcosa.

Ogni angolo del giardino presenta ad esempio sia una parte di un laghetto, con le sue vistose carpe arancioni-rosse, ma anche rocce irregolari e vegetazione variegata e infine, anche la casetta del letterato o dell’ufficiale di Corte.

Ogni angolo del giardino è diverso da ogni altro, al variare anche di pochissima distanza: il letterato, guardandolo, si ispirava per comporre delle poesie, di vibrante intensità.

Ogni passeggiata sui piccoli viali prevede ai lati delle mura sottili e traforate: ogni piccola finestra osservativa ha forme curve e irregolari, che fanno da cornice alla visione sul giardino, che appare così continuamente diverso.

Il caleidoscopio esotico di colori e forme, la presenza dell’elemento “autentico”, (la roccia), dell’elemento “naturale” (la vegetazione), dell’elemento “artificiale” (la casa) e dell’elemento “dinamico” (l’acqua), rendono l’animo lieve ed attento, curioso e affascinato.

L’opera d’arte dei maestri giardinieri è sempre incompiuta; è necessaria una sovrascrittura dell’osservatore, sensibile e creativo allo stesso tempo: ogni opera incompiuta richiede sempre l’attività di uomo che sappia ancora meravigliarsi.

Un uomo che si meraviglia è in grado di farsi domande e, soprattutto, di attivare con intensità il cosiddetto potenziale di risposta, che dovrebbe accompagnare ogni questione.

Insomma l’opera “aperta” dei giardini cinesi insegna un prospettivismo consapevole e responsabile, che rispetti i punti di vista differenti dai nostri.

L’esperienza dei giardini cinesi non vuole rimandare ad un relativismo arbitrario di possibilità osservative e interpretative, ma sottolineare l’apertura verso gli altri punti di vista: tutti teoricamente corretti e interessanti, comunque veritieri e verosimili.

Roberto Sforza