Accontentarsi

La formula classica con cui termina ogni fiaba è: “e vissero felici e contenti”. La contentezza è il termine che accompagna la felicità, come se quest’ultima non fosse possibile senza l’accontentarsi, cioè mettendo un limite al proprio piacere e soddisfazione. La felicità sarebbe insomma possibile solamente se il desiderio “infinito” fosse contenuto da un confine, comunque appagante. Nel suo testo più famoso “verso un’ecologia della mente” Gregory Bateson scrisse: “Una certa mamma, quando il suo bambino ha mangiato gli spinaci, lo premia di solito con un gelato. Di quali ulteriori informazioni avreste bisogno per essere in grado di predire se il bambino: a) giungerà ad amare o a odiare gli spinaci; b) ad amare o a odiare il gelato; c) ad amare o a odiare la mamma?” L’antropologo inglese fu molto esplicito: qual è la misura sufficiente per essere in grado di esaminare e conoscere una situazione?
Accontentarsi è porre un limite, alla ricerca e all’approfondimento. Che parte da una prospettiva che, almeno a noi stessi, dovrebbe essere chiara. Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? Ma importa davvero se il bicchiere sia mezzo pieno o mezzo vuoto? Forse le domande da farsi sono altre… L’acqua chi l’ha messa nel bicchiere? E, soprattutto, la sete la placa oppure no?
Roberto Sforza